In data odierna è stato presentato dall’Inail il Rapporto relativo al bilancio infortunistico per l’anno 2007, come preannunciato in un nostro precedente post.
I dati sembrano incoraggianti, nonostante la tragicità e l’emotività che i recenti casi di cronaca hanno portato con sé.
Proviamo ad analizzare i dati da vicino, focalizzando l’attenzione sugli aspetti che riteniamo salienti per la nostra mission, ovvero la promozione di una nuova cultura della sicurezza sul lavoro.
Come segnalato nel rapporto Inail, nel 2007 vi sono state 15500 denunce di infortuni in meno rispetto al 2006, in particolare nel settore dell’agricoltura che ha visto negli ultimi anni un decremento notevole degli incidenti.
In controtendenza il dato relativo ai dipendenti dello stato, che segnalano un aumento dell’1,5% dei casi di infortunio.
Rispetto al 2006 sono diminuite di 171 unità le morti bianche.
Invitandovi a leggere il rapporto completo dell’Inail, abbiamo scelto di soffermarci tuttavia su due dati, sui quali vorremmo sviluppare anche i nostri prossimi interventi: l’aumento considerevole degli infortuni in itinere aumentati del 2,2% rispetto all’anno precedente e che, in valori assoluti, sono quantificati in 94500 unità (Un numero impressionante che rappresenta più del 10% degli infortuni totali) e il dato, anch’esso in controtendenza, relativo alla malattie professionali.
Nel testo Inail si segnala che nel corso del 2007 sono state presentate 28.500 denunce: quasi 2.000 casi in più rispetto all’anno 2006 (+ 7,0%). Cifre queste che si impongono come punto di rottura nell’osservazione del trend di medio periodo. È un aumento notevole, improvviso, ma in qualche modo anche comprensibile e giustificabile. In questi ultimi anni da più parti si segnalava una possibile “sottostima” del fenomeno tecnopatico, invocando un maggiore intervento delle istituzioni, sia in tema di prevenzione che di estensione della tutela assicurativa.
Da segnalare inoltre come L’inail stessa consideri fortemente sottostimato il dato relativo alle malattie riconducibili alle cosiddette “costrittività organizzative” per la difficoltà di distinguere, in fase di denuncia e prima codifica, la specifica patologia psichica.
In generale comunque i “disturbi psichici lavoro-correlati”, hanno avuto in questi ultimi anni una consistenza pari a circa 500/600 casi denunciati l’anno, di cui larga parte individuati specificatamente come “mobbing”, concentrati nell’Industria e Servizi e tra i Dipendenti dello Stato.
Di grandissima importanza anche il fatto che vengono ritenuti sottostimati anche i dati relativi ai tumori professionali. Nel rapporto si dice testualmente che “la difficoltà di accertare il nesso causale con sostanze o condizioni lavorative cancerogene, cause scatenanti ancora sconosciute e non considerate, mancata denuncia, fanno pensare agli addetti ai lavori che l’INAIL venga a conoscenza solo di una parte dei casi e quindi in via prioritaria vi sarebbe una sottostima di denunce. Secondo alcune indagini sulla diffusione dei tumori in Italia, tra il 4 e l’8% dei tumori ha un’origine professionale, cifre che confermerebbero un’evidente sottostima dei casi denunciati all’Istituto.”
Ci permettiamo di considerare positivi in generale i dati Inail, ma anche di sottolineare l’attenzione che dovrà esser rivolta proprio a quelle lacune ufficialmente riconosciute che potrebbero potenzialmente anche invertire la tendenza positiva accertata statisticamente: i disturbi psichici correlati all’ambiente di lavoro, i tumori professionali, l’analisi degli infortuni in itinere (perché così numerosi? Sono più numerosi in ingresso o in uscita dal turno di lavoro? Quale la differenza tra le due circostanze?) e, aggiungiamo, una rilevazione dei casi non denunciati a causa del lavoro nero che rappresentano una macchia indelebile in qualunque rilevazione statistica.