venerdì 27 giugno 2008

"Formula Uomo", la Ferrari e la cultura della sicurezza

Quando parliamo di una nuova cultura della sicurezza ci riferiamo essenzialmente alla crescita della disponibilità da parte sia delle aziende che dei collaboratori che vi operano a modificare le proprie abitudini, credenze e abituali strategie di intervento nella direzione di nuovi comportamenti ed atteggiamenti che considerino l'uomo e la sua psicologia come fattori determinanti nella prevenzione dell'infortunio, al pari degli aspetti tecnico-organizzativi propri di ciascun processo produttivo.

Se da un lato intervenire sulla cultura della sicurezza significa infatti programmare attività formative di sensibilizzazione già a partire dalla scuole, come affermato recentemente dal segretario generale dell’Ugl, Renata Polverini, contestualmente anche le aziende sono chiamate ad investire nella direzione di nuove metodologie di intervento e nuove attività formative a carattere psicosociale.

Non è un caso che una delle aziende maggiormente impegnate in questa direzione sia una delle più importanti del panorama italiano, ossia la Ferrari, il cui management ha programmato innovativi ed importanti interventi orientati a migliorare la qualità del lavoro svolto dai propri collaboratori.

“Formula uomo”, è infatti il progetto di «eccellenza» portato avanti dall'azienda fin dal 1997 e che punta ad essere punto di riferimento in Italia e nel mondo per ambienti di lavoro, sicurezza, ecologia, risparmio energetico e attenzione ai collaboratori.

Oltre ad interventi di tipo strutturale, che hanno comportato importanti riorganizzazioni anche dell'ambiente fisico del luogo di lavoro (con particolare attenzione per l'ergonomia delle postazioni utilizzate dai dipendenti), Formula Uomo prevede investimenti importanti sulla sicurezza.

L'obiettivo che guida tali interventi e che riteniamo possa costituire un esempio interessante e stimolante da seguire, consiste nel proporre una fabbrica in cui la possibilità di incidente sia pari a zero.

Come afferma Luca di Montezemolo, Presidente dell'azienda "Dobbiamo però essere consapevoli che questo obiettivo può essere raggiunto con la piena partecipazione e responsabilizzazione di tutti. E' per questo che abbiamo aumentato non solo gli investimenti strutturali, ma anche quelli in formazione".

La responsabilizzazione di tutti implica che "ognuna delle donne e degli uomini che lavorano alla Ferrari devono sentirsi primi responsabili della sicurezza, propria e degli altri".

La partecipazione dei dipendenti di un'azienda al miglioramento della sicurezza sul lavoro oltre a migliorare il clima organizzativo contribuisce ad avvicinare il centro decisionale relativo agli interventi da attuare all'ambito specifico di lavoro.

Ma in che modo possono partecipare i dipendenti alla costruzione di una nuova cultura della sicurezza in azienda?

Attraverso la realizzazione di interventi orientati alla “costruzione di comportamenti” da applicare nelle dinamiche di lavoro che richiedano l’osservazione ed il monitoraggio continuo e diretto da parte dei lavoratori delle dinamiche che si verificano sul luogo di lavoro.

L’obiettivo degli interventi della cosiddetta Behavior based Safety è quello di analizzare con la partecipazione diretta dei collaboratori, gli stimoli antecedenti e conseguenti al verificarsi dei vari comportamenti attuati sul lavoro e che possono determinare il verificarsi di incidenti.

Se ad esempio, indossare cuffie antirumore costituisce un antecedente adeguato al comportamento da eseguire (entrare in un ambiente di lavoro molto rumoroso), le conseguenze di tale azione potrebbero non essere ugualmente positive per chi le compie (pensiamo alle battute di scherno dei colleghi, oppure al fastidio che le cuffie possono provocare in un ambiente caldo oltre che rumoroso).

Se tali conseguenze dovessero determinare un mancato utilizzo delle cuffie la volta successiva, (comportando quindi un trade-off negativo da parte del soggetto, ossia una scelta basata su errate attribuzioni di importanza ai fattori positivi e negativi di tale comportamento) tale atto sarebbe fortemente rischioso e altamente condizionato dalle possibili conseguenze subite da chi le indossa.

La riduzione del rischio potrebbe avvenire attraverso il monitoraggio diretto del comportamento attuato da parte di chi opera direttamente in quel contesto ove il comportamento è richiesto (ad esempio i colleghi di un settore produttivo), resi responsabili dell’osservazione e successivo report dei fattori antecedenti e conseguenti alle azioni attuate.

Lo scopo di tale monitoraggio consiste quindi nell’aumentare la conoscenza e la consapevolezza di tutti i fattori in grado di influire sul comportamento delle persone sul lavoro, favorendo sia il cambiamento di tale comportamento (laddove esso sia portatore di un elevato rischio di infortunio) sia il suo mantenimento nel tempo.

martedì 24 giugno 2008

Decreto Sicurezza: priorità ai processi relativi alla violazione delle norme sugli infortuni

In data odierna, il Senato ha approvato il Disegno di Legge, licenziato per la Camera dei Deputati, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, il cosiddetto"Decreto Sicurezza".

Il punto più contestato dell’intero decreto è quello riguardante la sospensione dei processi. Saranno infatti sospesi per un anno tutti i processi per reati punibili con meno di dieci anni di reclusione che si trovano in uno stato compreso tra la fissazione dell’udienza preliminare e la chiusura del dibattimento di primo grado. Sono esclusi dal rinvio i processi in cui gli imputati sono detenuti, quelli per terrorismo, contro minori, quelli della criminalità organizzata e tutti quelli commessi in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, le cosiddette morti bianche (fonte: Il Giornale.it)

In particolare, il disegno di Legge prevede che "Nella formazione dei ruoli di udienza il giudice assicura priorità assoluta alla trattazione dei procedimenti relativi a reati commessi in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro". (Testo completo in pdf)

In relazione agli episodi citati nel Testo, riportiamo una notizia odierna che sta suscitando un certo scalpore e che testimonia, a nostro avviso, la necessità di rilevare (anche in relazione ai recenti dati preliminari Istat), una stima degli infortuni sul Lavoro non denunciati a causa dell'irregolarità o della totale assenza di contratti di lavoro.

Operaio abbandonato dopo infortunio: denunciato imprenditore Edile

venerdì 20 giugno 2008

I primi dati Istat sugli infortuni del 2007


Il 19 Giugno 2008 sono stati forniti alcuni dati prelimiari dell'Istat relativi agli infortuni sul lavoro nel 2007 che segnalano una tendenziale diminuzione degli incidenti rispetto all'anno precedente.

Attendiamo con molta curiosità la relazione definitiva, la cui uscita è prevista tra una decina di giorni. Solo allora potremo leggere in profondità i dati emersi ed analizzarne meglio i contenuti.

Una piccola riflessione: sarebbe interessante avere una stima di quanti infortuni sul lavoro non vengono denunciati, ad esempio, da chi lavora in nero. Sarebbe confermata la tendenza?

"Diminuiscono i morti sul lavoro, nel 2007 quasi 10% in meno rispetto all'anno precedente

ROMA - 1.210 morti sul lavoro nel 2007, un dato in diminuzione di quasi il 10% rispetto all'anno precedente. E' una anticipazione del Rapporto dell'Istituto sugli incidenti nei luoghi di lavoro, che verra' presentato nei prossimi giorni. Le cifre sono state fornite oggi dal presidente dell'Inail, Vincenzo Mungari, audito in commissione Lavoro, alla Camera. Rispetto, pertanto al 2006, fa sapere l'Inail, (1.341 casi denunciati) si registra un calo complessivo ben superiore ai 100 casi di 'morti bianche'.

La diminuzione degli infortuni, pero', ha sostenuto Mungari, "non va di pari passo con il crescere della sensibilita' sociale che vorrebbe 'infortuni zero'". Al 30 aprile 2008, inoltre, risultano pervenute all'Inail 912.615 denunce di infortuni sul lavoro avvenuti nel corso dell'anno 2007; circa 15.500 casi in meno rispetto al 2006, con una flessione di 1,7 punti percentuali, superiore al -1,3% registrato nel 2006.

19 giugno 2008"

Fonte: Agenzia Dire




giovedì 19 giugno 2008

Nuova cultura della sicurezza: iniziamo da..

Uno dei motivi per cui abbiamo dato vita a questo blog è la promozione di una nuova cultura della sicurezza sul lavoro.

Ma cosa significa realmente, sviluppare una nuova cultura?
Beh, per rispondere a questa domanda dobbiamo tener presente che non è un obiettivo né semplice, né raggiungibile in poco tempo, considerando che la cultura è frutto di una serie di "apprendimenti" che ogni popolo, ma anche ogni semplice gruppo di persone in qualsivoglia contesto sociale sviluppa con
l'esperienza. E l'esperienza, si sa, richiede tempo per essere realizzata.

Il problema, quindi, sta nella disponibilità ad incanalare in una direzione nuova, diversa, le esperienze che possiamo tutti concretizzare all'interno della nostra società, o, nel caso specifico, nel mondo del lavoro.

Un primo passo importante che abbiamo registrato in questa direzione è l'acquisizione di una certa
consapevolezza circa la natura comportamentale di molti infortuni sul lavoro, come ha sottolineato recentemente il neo Ministro del Welfare Sacconi.


Una consapevolezza, questa, che può aprire la strada ad una più ampia conoscenza degli innumerevoli fattori che influiscono sulla probabilità che un determinato
pericolo si trasformi in un rischio tangibile di incidente se non, in definitiva, in un infortunio vero e proprio.

Prendiamo spunto quindi favorevolmente da una recente dichiarazione del segretario della Uil Luigi Angeletti che riportiamo integralmente:

“La battaglia per la sicurezza nei luoghi di lavoro non si sta combattendo con la consapevolezza adeguata. Questo è sicuro. Uno dei vizi degli italiani è pensare di far fronte sempre alle emergenze. Ma quando si hanno per decenni 1200-1300 morti l'anno, non c'è nessuna emergenza: è invece un tumore nel nostro mondo del lavoro". […] "Manca questa consapevolezza e così si approntano soluzioni un po’ curiose, mentre la cosa più importante è mettere a conoscenza milioni di persone che lavorano e anche gli imprenditori dei rischi che si corrono. Questo praticamente non lo si fa. Basta vedere che i morti sono quasi tutti giovani e immigrati, le due categorie che più sottovalutano il problema". "Le imprese trascurano i problemi della sicurezza", aggiunge Angeletti, "e hanno la tendenza a considerarli puri e semplici costi da ridurre o evitare. Bisogna sanzionare, non servono nuove leggi. Le abbiamo, bisogna solo applicarle. E quando non si applicano, bisogna dare punizioni esemplari".

Il problema della consapevolezza è in effetti il primo step che consente la nascita di nuove prospettive in tema di sicurezza. Uscire dalla triste relazione sicurezza=costo sarebbe già un passo avanti notevole che richiede, tuttavia, che non siano solo le aziende a farsi carico di tutto l’impegno economico richiesto dall’adeguamento delle proprie strutture (spesso vecchie, tra l’altro) . Cambiare infatti una cultura nel lavoro richiede che sia anche lo Stato a sostenere in primis la “catalizzazione” di questo processo, favorendo gli imprenditori nella realizzazione di migliorie strutturali dei propri impianti e del proprio ambiente fisico di lavoro.

Tuttavia, come sottolineiamo, se rinnovare la cultura del lavoro significa intervenire non solo sulla struttura di un’azienda ma anche nelle dinamiche comportamentali che ne caratterizzano la quotidianità del lavoro, ecco che l’intervento deve essere molto più profondo e radicale di un semplice incentivo economico.

La formazione, già a partire dal mondo della scuola, deve essere il primo passaggio.

Formazione significa conoscenza, e conoscenza è sinonimo della possibilità di esperire la realtà del mondo del lavoro con nuove nozioni, nuovi apprendimenti, e quindi, nuovi atteggiamenti nei confronti della sicurezza, elementi, questi, in grado di favorire una maggiore consapevolezza delle azioni messe in atto sul lavoro e di tutti i fattori che le influenzano.

Ad esempio, sapremmo spiegare come mai anche un macchinario di nuova generazione e dotato di tutti i dispositivi di sicurezza possibili, può ugualmente essere veicolo di infortuni?

Questo fenomeno ha un nome preciso e si chiama “sicurezza burocratica”.

Chi utilizza uno strumento ritenuto protetto delega ad esso tutti gli accorgimenti in grado di prevenire un infortunio, diminuendo sensibilmente la propria attenzione nello svolgimento delle azioni. Perché indossare una mascherina protettiva se lo strumento che si utilizza è dotato di sofisticati filtri che limitano le emissioni di sostanze nocive nell’aria? Perché diminuire la velocità durante la guida di un auto se quest’ultima è all’avanguardia nei sistemi di controllo della stabilità e della tenuta di strada?

L’eccessiva importanza attribuita alla sicurezza del macchinario determina una sensibile riduzione dell’attenzione cosciente attivata durante lo svolgimento di un compito, il che facilita la distrazione o, per meglio dire, lo spostamento delle proprie risorse attentive su altri compiti, determinando l’aumento della probabilità che, in caso di malfunzionamenti, il macchinario possa “produrre” un aumento del pericolo e, quindi del rischio di infortunio.

Questo, e molti altri ancora, è solo uno dei tanti esempi di informazione in grado di stimolare nuovi approcci e discussioni alla “questione sicurezza”.

Siamo sicuri, quindi, che sia “solo” un problema di punizioni esemplari da applicare?

martedì 17 giugno 2008

L'intervento del Ministro Sacconi alla Camera: più formazione, più attenzione al comportamento






Riportiamo oggi l'Intervento alla Camera dei deputati del Ministro del Welfare Sacconi, in cui vengono riferite le circostanze emerse fino ad oggi in relazione alla morte di 6 operai nel Catanese avvenuta nei giorni scorsi.

Questo il link del video

Trovo molto importante sottolineare come anche in questa sede si faccia riferimento diretto all'importanza avuta dal comportamento nel verificarsi dell'incidente.

Per dovere di sintesi, cito alcuni passaggi fondamentali che possono aiutarci anche a capire in che direzione andranno le nuove modifiche al Testo Unico sulla sicurezza.

Il ministro afferma che nelle circostanze relative a quanto avvenuto a Mineo sembra ipotizzabile «una sostanziale sottovalutazione del livello di rischio a cui i lavoratori coinvolti erano effettivamente esposti. Una mancata percezione che sarebbe stata la causa sia del mancato utilizzo dei dispositivi necessari di protezione individuale, sia anche del'adozione di non idonee modalitá di intervento in situazioni di emergenza».

Tale dato induce il Ministro ad effermare che in materia di sicurezza «appare necessario un intervento molto più sostanziale di formazione, informazione e prevenzione».

nelle modifiche apportate al Testo Unico si punta quindi ad un rafforzamento dell'attività ispettiva, centralizzando il dovere di controllo oggi troppo parcellizzato, con una funzione non solo repressiva, ma anche preventiva. Dunque, formazione e informazione ai lavoratori, a partire dal mondo della scuola.

Il ministro ha parlato anche di un possibile accompagnamento da parte dell'Inail, dei parenti delle vittime delle morti bianche nel mondo del lavoro.

Sacconi afferma inoltre che «Il punto di discussione non è se occorrano adempimenti formali e sanzioni, il punto é se esista una soglia oltre la quale la richiesta di adempimenti formali determina una minima attenzione». In sostanza «una esasperata attenzione formalistica a scapito di un atteggiamento a creare un ambiente sicuro, tanto più in presenza di una origine comportamentale degli infortuni».

lunedì 16 giugno 2008

Lo studio del comportamento: la chiave per una nuova cultura della sicurezza sul lavoro?


Mutare la cultura della sicurezza sul lavoro significa innanzitutto comprendere che non basta intervenire sulla manutenzione degli impianti o irrigidire le sanzioni per chi viola la legge in materia per ridurre il numero e la gravità degli infortuni sui luoghi di lavoro.

Aumentare la sicurezza implica necessariamente attribuire molta più rilevanza a quello che comunemente chiamiamo "fattore umano", ossia il comportamento, l'atteggiamento, la psicologia di chi lavora, studiarne le dinamiche, i valori, il grado di sensibilità nella percezione del pericolo, la capacità di valutare il rischio correlato al compimento di un'azione.

Questa è la strada che, seppur lentamente, pare essere perseguita, adesso, anche dalle istituzioni e da chi le rappresenta.
Riportiamo alcune brevi ma significative affermazioni del Ministro del Welfare Sacconi a pochi giorni dalla strage di Mineo che mi auguro possano finalmente aprire la strada ad attività formative (già a partire dalle scuole come proposto recentemente dal segretario dell'UGL Renata Polverini) che tengano conto di quella che definiamo la Psicologia degli Infortuni sui luoghi di Lavoro.

"(ANSA) - VENEZIA, 14 GIU - Il ripetersi di incidenti mortali sul lavoro necessita che venga corretto 'l'approccio sin qui tenuto, ha detto il ministro del Welfare
. 'Sembra che ci sia uno zoccolo duro che non riusciamo a scalfire', Facendo riferimento anche ai dati del Nordest, che evidenziano gia' 30 morti in Veneto e 22 in Friuli, Sacconi ha rilevato che la gran parte degli infortuni 'e' di tipo comportamentale'. Fonte: Ansa.it

Avviare un forte cambiamento nella cultura della sicurezza significa comprendere che, a fianco di un macchinario pur perfetto e dotato di tutti i dispositivi di protezione possibili, c'è sempre una persona che lo utilizza e che può agire in modo più o meno corretto in funzione di numerose variabili psicologiche e ambientali che possono influenzarne il comportamento.

giovedì 12 giugno 2008

La strage di Catania


Inseriamo oggi la video notizia relativa alla strage di Mineo nel Catanese, dove hanno perso la vita 6 operai durante la manutenzione del depuratore.


Fonte Video: Skytg24



Notizia di oggi è la convocazione da parte delle parti sociali da parte del Ministro del Welfare Sacconi per discutere la realizzazione di un piano straordinario per arginare il triste fenomeno delle morti bianche.Riteniamo utile proporre due contributi importanti che, più di ogni altra cosa, riteniamo possano centrare il vero problema: la cultura della sicurezza in Italia.
Per il numero uno della Cisl "non importa se le norme siano più flessibili o più draconiane, quello che importa e la selezione delle imprese e l'allargamento della cultura della sicurezza. Ci sono dei morti e a questi morti bisogna dare conto". Per il segretario della Cgil Guglielmo Epifani: ''il fatto di ieri (la tragedia sul lavoro avvenuta a Mineo, ndr) è particolarmente grave perché si poteva evitare. Quando si scende in uno di questi luoghi - ha detto Epifani - bisogna prima poter controllare se ci sono esalazioni, gas tossici, se si può respirare. Poi bisogna avere le mascherine. Questi due elementi salverebbero tante vite delle persone che lavorano. E' intollerabile che non lo si faccia''. (fonte:
Tgcom)

mercoledì 11 giugno 2008

La valutazione del rischio stress lavoro-correlato nel Nuovo Testo Unico sulla Sicurezza

Il Decreto Legislativo 81/2008, ossia il nuovo “Testo Unico” sulla sicurezza dei lavoratori ha introdotto importanti novità per quanto concerne la valutazione dei rischi sul lavoro.

Le nuove norme in materia che entreranno in vigore il prossimo 29 Luglio 2008, evidenziano la necessità di valutare anche i fattori di rischio collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004, recentemente recepito da Confindustria e da tutte le organizzazioni di rappresentanza delle imprese attraverso la stipulazione di un accordo sottoscritto in data 9 Giugno 2008.

La valutazione dei rischi, a carico dei datori di lavoro, in linea con quanto espressamente inserito nella Legge 626/94, prevede la compilazione di una relazione in cui siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa, ossia:

- l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati
- il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;
- l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonche' dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri;
- l'indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio;
- l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.

La valutazione dei rischi correlati allo stress sul lavoro richiede il coinvolgimento di professionalità in grado di verificare potenziali stressors sui luoghi di lavoro, ossia fattori in grado di facilitare o determinare l’insorgere di stress lavorativo anche in relazione alla crescente rilevanza attribuita al “fattore umano” nel verificarsi degli incidenti sul lavoro (in primis i comportamenti attuati dal lavoratore).

Secondo la Commissione Europea, Direzione Generale Occupazione e Affari Sociali, i fattori più comuni che possono determinare stress legato all'attività lavorativa sono da ricondursi a:

- Organizzazione e processi di lavoro: pianificazione dell'orario di lavoro, grado di autonomia, coincidenza tra esigenze imposte dal lavoro e capacità/conoscenze dei lavoratori, carico di lavoro, ecc.

- Condizioni e ambiente di lavoro: esposizione ad un comportamento illecito, al rumore, al calore, a sostanze pericolose, ecc.

- Comunicazione: incertezza circa le aspettative riguardo al lavoro, incertezza nella definizione dei ruoli e nelle istruzioni ricevute, prospettive di occupazione, un futuro cambiamento, ecc.

- Fattori soggettivi: pressione sociale, sensazione di non poter far fronte alla situazione, percezione di mancanza di aiuto, ecc.

Alcuni di tali fattori hanno tuttavia la caratteristica di essere difficilmente rilevabili all’interno dell’azienda in seguito alla mancanza di rilevatori oggettivi e meccanici (contrariamente ad esempio, alle rilevazioni ambientali sul rumore o la temperatura).

Tale aspetto richiede quindi l’intervento di tecniche di analisi che tengano conto della “soggettività” correlata al modo di percepire l’incidenza delle caratteristiche culturali ed organizzative dell’azienda sul benessere individuale dei collaboratori.

A tale scopo è necessario che il datore di lavoro abbia ben chiaro che la valutazione dello stress sul lavoro e i rischi ad esso correlati richiedono una duplice analisi orientata a valutare da un lato le caratteristiche sintomatologiche individuali dello stress (che definiremmo “sintomi individuali”), dall’altro i possibili indici di presenza di stress all’interno dell’azienda (“sintomi organizzativi”).

Per quanto concerne i sintomi individuali dello stress, possiamo brevemente riassumerli in:

- frequente sensazione di stanchezza generale
- accelerazione del battito cardiaco
- difficoltà di concentrazione
- confusione mentale
- difficoltà a esprimersi
- difficoltà a ricordare vocaboli conosciuti
- depressione
- attacchi di ansia/panico
- crisi di pianto
- disturbi del sonno
- dolori muscolari
- ulcera dello stomaco
- diarrea
- colite
- crampi allo stomaco
- pressione sanguigna alta
- disturbi tiroidei
- irritabilità
- sensazione di noia rispetto a tutte le situazioni
- problemi dermatologici

La sintomatologia organizzativa ha invece una rilevabilità meno diretta ma altrettanto significativa, riconducibile ad alcuni dati che possono rappresentare importanti indicatori di stress lavoro-correlato, come ad esempio un elevato assenteismo sul lavoro (in termini di frequenza e di durata), il numero di licenziamenti o dimissioni e l’elevato turn-over (laddove quest’ultimo non sia fisiologico della tipologia di attività svolta), la presenza di una elevata conflittualità inter-gruppo, un calo netto nella produttività complessiva dell’azienda.

Conferme in tal senso arrivano anche dall’ OSHA, l’Agenzia europea per la salute e la sicurezza sul lavoro, che mostra che i principali rischi psicosociali sono correlati alle nuove forme di contratti di lavoro, alla precarietà del lavoro, all’intensificazione dell’attività lavorativa, a elevate pressioni emotive, agli episodi di violenza e bullismo intragruppi (correlati, tra l'altro alla cultura organizzativa e le norme di gruppo, ndr) e a una scarsa considerazione dell’equilibrio tra lavoro e vita privata.

La ricerca OSHA, mostra l’altro, come lo stress sia il secondo problema sanitario legato all’attività lavorativa segnalato più di frequente in Europa, un problema che colpisce il 22% dei lavoratori dell’UE (2005). Una percentuale compresa tra il 50% e il 60% di tutte le giornate lavorative perse è, secondo la ricerca, riconducibile allo stress.